Lo psicodramma freudiano ha questo nome per significare che la psicoanalisi ne costituisce la base, i suoi riferimenti, la sua coerenza e la sua etica.

    Non si tratta di psicoanalisi applicata, ma psicoanalisi implicata nella pratica con questo fantastico dispositivo.

    Lo psicodramma ha un suo campo proprio: quello della Rappresentazione in un piccolo collettivo. La realtà del mondo esterno viene portata dai partecipanti al gruppo: conflitti, sofferenze sul lavoro, problemi relazionali, traumi, difficoltà soggettive, le più varie, vi trovano uno spazio prezioso di espressione e rielaborazione.

    La specificità dello psicodramma freudiano risiede infatti nell’invito alla rappresentazione attraverso la parola e il gioco. In questo spazio dello psicodramma, le punteggiature del dispositivo – discorsi di seduta, scelta della scena, suo dispiegamento spaziale, cambio di ruoli, scansioni – delineano altri spazi e inducono spostamenti. La dimensione del gioco sollecita l’emergere di emozioni, ricordi, affetti. Lo sguardo viene impegnato e il corpo messo in gioco. Grazie ai cambi di registro, emerge, lungo il percorso, un quadro capace di supportare la messa in gioco del soggetto che gli consente di aprirsi, quando possibile, ad un’altra visione di sé.

    Il piccolo collettivo della seduta psicodrammatico, introduce ad una problematica di quanto ci è sconosciuto del nostro essere. L’esperienza di questa clinica dell’evento, fa emergere il Soggetto dell’inconscio. La sua pratica, per gli effetti che produce, non finisce mai di sorprendere, rivelando la capacità del dispositivo dello psicodramma di mettere al lavoro il soggetto nel suo rapporto con il suo sintomo ed il suo Altro.

    In che modo lo psicodramma ci permette di passare dalla situazione attuale del vissuto quotidiano, dal non saperne e dal non volerne sapere della nostra questione, alla scena psichica?

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